Tratto dal NelFuturo.com
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Gustav Klimt – Casa di campagna sull'Attersee – 1914 - (particolare) |
Diventiamo rossi dalla vergogna, siamo al verde, sbianchiamo dalla paura, neri di rabbia, dalla paura blu.
I colori influenzano profondamente i nostri atteggiamenti, il nostro ambiente e il nostro immaginario.
Hanno una storia che cambia a seconda dei secoli che
attraversano. La religione, per prima, ha imposto la sua regola sull’uso
simbolico dei colori, la scienza e la filosofia hanno dibattuto, la
politica li usa.
Ma quanti sono i colori ? Il primo è il blu, cielo e
mare, amato da tutti, segue il rosso, sangue e fuoco, poi il bianco,
virginale e angelico.; il giallo, il verde che tradisce; infine il nero,
austero e umile, elegante e arrogante. Seguono tutti gli altri cantori,
mezze tinte, come il rosa, il marrone, il grigio, l’arancio…
Anticamente si raccontava ai bambini che ai piedi
dell’arcobaleno era nascosto un tesoro. Io ci ho sempre creduto, lì, in
quel magico punto si fondono i primari e i secondari, e con gli occhi
che sanno vedere, si colgono infinite sfumature e tonalità, frutto di
alchemiche combinazioni, che non smettiamo mai di inventare.
I colori sono una categoria dello spirito, e insieme
simboli. Prova ne è il fatto che vengono usati e abusati per comunicare,
conservano segreti che non ci rivelano e che ci impongono. Dietro i sei
colori di base (viola, blu, verde, giallo, arancio e rosso), un corteo
infinito di nuance, che esistono perché le vediamo. A scuola ci hanno
insegnato che i colori dell’arcobaleno sono sette, sette raggi colorati.
In realtà sono sei, ma siccome al tempo di Newton le convenzioni
sociali, religiose e scientifiche esigevano sistemi di sette o di dodici
elementi, lui aggiunse l’indaco, in pratica un altro blu. Con il
Romanticismo si sono inventati tanti altri termini per qualificare i
colori, perché l’Amore, che tutto regge, ha avuto bisogno di incarnare
in nuovi colori sentimenti, emozioni e simboli, che l’austerità dei sei
colori di base e la religione non avevano fino ad allora permesso.
Poi, piano piano, siamo diventati meno sensibili al
colore. Come tutte le cose difficili da reperire era prezioso, ora la
chimica lo ha banalizzato. Noi bambini eravamo incantati quando a Natale
ricevevamo la scatola di latta con le classiche dodici matite colorate.
I bambini oggi ricevono scatole da quaranta colori e sono molto meno
curiosi e creativi di quanto lo fossimo noi con molto meno. Anche i
pittori li banalizzano: usano i colori come escono dal tubetto, senza
sperimentare. Più facile, meno impegnativo. Poco romantico, aggiungo io.
Il culmine poi si raggiunge quando si usano i colori per fare test
psicologici. Come dire che, se scelgo il nero, mi vedo qualificare un
temperamento lugubre. Che desolazione !
Lo vediamo anche nell’urbanistica, l’uso di troppi
colori, perché la filosofia deve essere sempre quella del tutto e
troppo, che alla fine, paradosso, uccidono il colore. Si pensi a
Piazza Cadorna a Milano. Un’orgia di tinte accese che aggrediscono,
disorientano i poveri cittadini che vi abitano o lavorano.
Insomma, i colori sono carichi di antichi simboli ai
quali ci troviamo inconsciamente sottomessi. Potremmo provare a
dimenticarci della loro valenza simbolica e imparare ad usarli con un
po’ più di innocenza fanciullesca e sensibilità . Come diceva G.Klimt
il colore ci possiede, ma non lasciamoci tiranneggiare.
Ecco il mio studio
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