Tratto da NelFuturo.com
Il sublime.
"Tutto ciò che può destare idee di dolore e di pericolo, ossia tutto
ciò che è in certo senso terribile, o che riguarda oggetti terribili, o
che agisce in modo analogo al terrore, è una fonte del sublime, è ciò
che produce la più forte emozione che l'animo sia capace di sentire".
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William Turner – Pescatori in mare - 1825 |
Questo scriveva nel suo saggio sull'origine delle nostre idee del
sublime e del bello, Edmund Burke, inglese-irlandese. Era alla natura
che si riferiva, incommensurabile nella sua grandiosità e vastità,
temibile e potente, capace di annientare l'uomo. In antitesi con il
bello, fondato sulla proporzione e sulla gradevole armonia. Il sublime
scaturiva anche dall'assistere a distanza, e quindi con tranquillità, a
una scena terrificante operata dalla natura, come ad esempio l'eruzione
di un vulcano. La sublimità, come nozione estetica, fu al centro di
dibattiti soprattutto nel XVIII secolo: dal concetto di emozione
profonda, sbigottimento e terrore, si giunse anche ad adottare il
termine per indicare l'efficacia della rappresentazione di un'opera
d'arte. Scrisse Jacques-Louis David: " non è solo con l'incantare gli
occhi che le grandi opere d'arte raggiungono il loro fine; lo
raggiungono col penetrare nell'animo, con l'operare sullo spirito
un'impressione profonda vicina alla realtà. L'artista deve perciò
studiare tutte le molle del cuore umano".
Il concetto di sublime entra profondamente nelle passioni e nella
mentalità romantica, insieme al rapporto fra anima e natura, tra pittura
ed esperienza interiore, ereditati dal Settecento, e alla convinzione
che l'arte poteva essere veicolo di sensazioni sublimi.
L'antitesi fra bello e sublime viene a cessare con uno dei più grandi
paesaggisti dell'Ottocento, Caspar David Friedrich. Si riduce ad un
unico concetto: " Devi tendere al sublime e al magnifico se vuoi
giungere al bello".

Per questo artista il sublime non scaturisce da una natura ostile ed
affascinante, dai cataclismi che trascinano nella loro furia uomini e
cose, ma nell'intima compenetrazione dell'uomo con la natura, dalla
capacità di misurarsi con la sua grandezza infinita, avendo coscienza
della limitatezza dell' individuo. Rappresenta così la vastità degli
spazi, il senso dell'infinito con lo sguardo dell'uomo all'orizzonte:
questo significava per Friedrich avvertire il sublime, ciò che è
assolutamente grande, direbbe Immanuel Kant. Kant portava l'esempio di
fenomeni naturali come gli uragani, le tempeste nell'oceano, che
lasciano dietro di sé devastazioni che rendono l'uomo insignificante e
impotente davanti a tali forze. In Friedrich invece il sublime raramente
si identifica con spettacoli disastrosi, bensì sovrappone il senso del
divino che l'individuo può percepire ascoltando il proprio spirito. Nei
suoi paesaggi il pittore ne penetra la vastità, rilevandone la
silenziosa sacralità.
L'immagine del cataclisma fu espressione
dominante del sublime in Francia ed in Inghilterra. In Italia solo in
campo letterario il tema emerge con Leopardi.
William Turner, nel
Regno Unito, rappresentò i vertici più affascinanti della pittura del
sublime. Paurose tempeste che travolgono tutto ciò che incontrano sono
tema ricorrente in lui.
In Francia, Girodet ci offre straordinari
esempi di sublime con la narrazione di naufragi attinti da drammatici
fatti di cronaca.
Proprio in questi giorni esce un film che ci racconta Turner e, forse, ci avvicina al sublime.
Nell'iimagine: Caspar David Friedrich - Paesaggio serale con due uomini - 1830
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