Zafferano - 2019 |
Arte @ Emanuela Silvestri
lunedì 28 ottobre 2019
mercoledì 9 ottobre 2019
Nell’arte contemporanea la regina è l’Idea
Tratto dal NelFuturo.com
Si parla tanto di tecnica. Io parlerei di idee.
Fino ai primi anni del Novecento la tecnica era
fondamentale. La tecnica era il “mestiere”. Quando però, passati i primi
anni di quel secolo, ci troviamo in un museo, incollati davanti a un
Manzoni a caso, Merda d’artista, la tecnica va a farsi benedire e il
pensiero rincorre l’idea della presa in giro.
Oggi, quello che conta, nell’arte, come nel cinema
piuttosto che nella pubblicità o nella moda, non è saper fare, avere la
tecnica, l’importante è saper pensare, avere l’idea giusta prima degli
altri e nel momento giusto. Esistono persone che tecnicamente sanno
eseguire in modo ineguagliabile quello che altri pensano ma non sanno
realizzare. Le idee, quando sono nuove e vitali, sono più scomode di un
golfino di cachemere, ma sono anche quelle che fanno sì che una società
non invecchi, ma perpetui una crescita rigogliosa.
Prendiamo, per esempio, il Taglio sulla tela di Lucio Fontana. Cos’è ? Un gesto della mano, una trovata bislacca e banale, o un capolavoro d’arte? Visti i risultati sicuramente un capolavoro. Perché l’opera d’arte non è solo meticolosità e ricerca della perfezione tecnica, ma è anche azione, follia, visione, gioco, scherzo, tutti elementi che come le azioni faticose e difficili, spesso noiose, fanno parte della vita. Bisogna uscire dallo stereotipo per cui l’arte è solo ciò che rappresenta fedelmente la realtà, o che comunque è accademica e perfetta. L’arte contemporanea deve recare con sé l’idea, quell’idea che diventa strumento e ci aiuta a riflettere sul nostro presente, e come stimolo a comprendere che solo l’eseguire bene e secondo i canoni del passato un’opera, non bastano ad accompagnarci ad una riflessione sul nostro futuro.
Siamo in una società che considera arte programmi televisivi che hanno come ospiti persone con un quoziente intellettivo inferiore a quello di una lumaca, foto che trasformano una coscia di pollo con contorno di patate in un capolavoro di alta cucina; come allora dire che il Taglio di Fontana non sia arte? L’arte fin dall’antichità, ci spinge a pensare, a meditare, sulla nostra contemporaneità e sulla nostra società, ed è facile rimanere un po’ perplessi davanti a quadri che non si riesce a decifrare. La reazione è quella di essere irritati. Bisogna andare oltre, immaginare, sognare. C’è un pittore, Robert Ryman, che dipinge tele con campiture solo bianche, il vuoto, il nulla. E’ arte che si basa sull’idea, non sulla tecnica. E’ questo il passo in più che dobbiamo fare. Nel passato era fondamentale la tecnica, nelle botteghe gli allievi seguivano e imitavano il maestro. Oggi questo non è più possibile, non si sarebbe più dei veri artisti se si facessero delle copie. Questo artista ha dipinto il vuoto, si potrebbe anche dipingere, per esempio un altro concetto astratto, la tristezza. Una volta questo era impensabile, nessuno l’ha mai dipinta. Ora lo si può fare. Potreste obiettare che un quadro tutto bianco non può essere un’opera d’arte. Certo, può sembrare così, mio figlio mi direbbe che sarebbe in grado di farlo anche lui. E qui si inciampa: ma a voi, è per caso venuto in mente di realizzarlo ? Avete mai pensato che quando non pensate a nulla e fissate il vuoto, in fondo, fissate uno spazio “bianco” ? Davanti alle sue tele ci si sente liberi di poter immaginare tutto quello che vogliamo, e il compito principale dell’arte dovrebbe essere quello di farci sentire liberi. Quindi concludo che non tutti siamo in grado di realizzare quello che a prima vista ci appare banale e senza significato. Ma l’arte con tutti i capolavori che ci regala oggi, ieri, e nel futuro, è presente proprio per ricordarci che a noi neppure è venuto in mente di realizzarla. Certo, la tela bianca di Ryman o il taglio di Fontana ci può irritare o sembrare una presa in giro, ma non è così. Vi faccio un esempio, immaginate di salire su di una corriera affollata con un posto libero, vuoto… bianco. Pensateci bene: quel bianco che sembrava banale e stupido diventa importante. Si è trascesa la realtà, ha provocato delle emozioni, ecco perché chi riesce in questo assurge all’Olimpo dei grandi artisti.
Siamo in una società che considera arte programmi televisivi che hanno come ospiti persone con un quoziente intellettivo inferiore a quello di una lumaca, foto che trasformano una coscia di pollo con contorno di patate in un capolavoro di alta cucina; come allora dire che il Taglio di Fontana non sia arte? L’arte fin dall’antichità, ci spinge a pensare, a meditare, sulla nostra contemporaneità e sulla nostra società, ed è facile rimanere un po’ perplessi davanti a quadri che non si riesce a decifrare. La reazione è quella di essere irritati. Bisogna andare oltre, immaginare, sognare. C’è un pittore, Robert Ryman, che dipinge tele con campiture solo bianche, il vuoto, il nulla. E’ arte che si basa sull’idea, non sulla tecnica. E’ questo il passo in più che dobbiamo fare. Nel passato era fondamentale la tecnica, nelle botteghe gli allievi seguivano e imitavano il maestro. Oggi questo non è più possibile, non si sarebbe più dei veri artisti se si facessero delle copie. Questo artista ha dipinto il vuoto, si potrebbe anche dipingere, per esempio un altro concetto astratto, la tristezza. Una volta questo era impensabile, nessuno l’ha mai dipinta. Ora lo si può fare. Potreste obiettare che un quadro tutto bianco non può essere un’opera d’arte. Certo, può sembrare così, mio figlio mi direbbe che sarebbe in grado di farlo anche lui. E qui si inciampa: ma a voi, è per caso venuto in mente di realizzarlo ? Avete mai pensato che quando non pensate a nulla e fissate il vuoto, in fondo, fissate uno spazio “bianco” ? Davanti alle sue tele ci si sente liberi di poter immaginare tutto quello che vogliamo, e il compito principale dell’arte dovrebbe essere quello di farci sentire liberi. Quindi concludo che non tutti siamo in grado di realizzare quello che a prima vista ci appare banale e senza significato. Ma l’arte con tutti i capolavori che ci regala oggi, ieri, e nel futuro, è presente proprio per ricordarci che a noi neppure è venuto in mente di realizzarla. Certo, la tela bianca di Ryman o il taglio di Fontana ci può irritare o sembrare una presa in giro, ma non è così. Vi faccio un esempio, immaginate di salire su di una corriera affollata con un posto libero, vuoto… bianco. Pensateci bene: quel bianco che sembrava banale e stupido diventa importante. Si è trascesa la realtà, ha provocato delle emozioni, ecco perché chi riesce in questo assurge all’Olimpo dei grandi artisti.
Un museo immaginato e personale
Tratto dal NelFuturo.com
Tempo fa lessi un romanzo di Orhan Pamuk, Il museo
dell’ Innocenza. Rimasi incantata, e ancor più incantata dopo aver
constatato che il Museo venne fondato veramente, ad Istambul.
Ci sono stata, e fu una rivelazione e una conferma allo stesso tempo. Uno spazio da esplorare con tutti i nostri sensi.
Ci sono stata, e fu una rivelazione e una conferma allo stesso tempo. Uno spazio da esplorare con tutti i nostri sensi.
Ho cominciato così a fantasticare sulla casa, sulle nostre case come musei.
Luoghi dove non esistono cartelli con la scritta “Si
prega di non toccare”. Ho pensato a tutti gli oggetti che possediamo,
alcuni con valenza emotiva, altri storica, altri ancora affettiva.
Legati ad un ricordo o a una storia che tramanda il dove, il chi, il
quando.
Momenti che si possiedono e che mi piace trasformare
in ricordi tridimensionali di emozioni che abbiamo vissuto, per poterli
toccare ed essere a disposizione non solo nostra, ma anche di chi ci sta
accanto e ci viene a trovare. Costruiremo così un ambiente che ameremo e
sentiremo nostro, che condivideremo e che non sarà una copia di figure
viste su riviste di arredamento o in anonimi negozi di arredamento.
In questo modo, si può dare ai nostri spazi la
possibilità di evolvere nel divenire: la nostra casa vuole essere una
linea del tempo che passa e che segue le tracce della vita, di chi
abbiamo amato, degli amici che abbiamo conosciuto e dei luoghi che
abbiamo visitato.
Alcuni ricordi sono nascosti nelle pieghe delle stoffe che tanto amo collezionare: ritagli, scampoli, pezze. Alcune conservate per la loro bellezza, altre perchè catturano un ricordo, altre ancora perchè le ho immortalate con i colori ad olio.
Alcuni ricordi sono nascosti nelle pieghe delle stoffe che tanto amo collezionare: ritagli, scampoli, pezze. Alcune conservate per la loro bellezza, altre perchè catturano un ricordo, altre ancora perchè le ho immortalate con i colori ad olio.
Un altro amore sono i tesori che il mare sa regalare:
conchiglie, legni, ricci… mi ricordano momenti felici e risa di
bambini, i miei.
La mamma mi chiama l’accumulatrice, sembra una parola
dall’accezione negativa. E allora io preferisco usare quella di uccello
giardiniere. E’ un uccello nativo dell’Australia, capace di fare cose
incredibili per decorare il suo nido.
Come questo pennuto, anch’io mi fisso sugli oggetti e
con determinazione do il via ad una ricerca, ad un traguardo a cui
mirare, volteggiando nei mercatini di anticaglie.
Collezionare cose ci lega a momenti di felicità, ma anche di dolore.
Inesauribili collezioni e assortimenti di piccole
preziose cose. A poco a poco ecco che creeremo un nostro museo
immaginato e personale, di carte, fotografie, stoffe, argenti,
ceramiche, disegni, nastri, bottoni, sassi, conchiglie, fiori seccati,
matite, buste, cartoline, scatole di latta, perline e amuleti.
Conserviamo un passato, che è essenziale per affrontare il futuro.
Un museo di piccole grandi cose che si amano e che abbiamo amato.
Realtà concreta e realtà astratta sono regolate dal codice segreto dei colori.
Tratto dal NelFuturo.com
Gustav Klimt – Casa di campagna sull'Attersee – 1914 - (particolare) |
Diventiamo rossi dalla vergogna, siamo al verde, sbianchiamo dalla paura, neri di rabbia, dalla paura blu.
I colori influenzano profondamente i nostri atteggiamenti, il nostro ambiente e il nostro immaginario.
Hanno una storia che cambia a seconda dei secoli che
attraversano. La religione, per prima, ha imposto la sua regola sull’uso
simbolico dei colori, la scienza e la filosofia hanno dibattuto, la
politica li usa.
Ma quanti sono i colori ? Il primo è il blu, cielo e
mare, amato da tutti, segue il rosso, sangue e fuoco, poi il bianco,
virginale e angelico.; il giallo, il verde che tradisce; infine il nero,
austero e umile, elegante e arrogante. Seguono tutti gli altri cantori,
mezze tinte, come il rosa, il marrone, il grigio, l’arancio…
Anticamente si raccontava ai bambini che ai piedi
dell’arcobaleno era nascosto un tesoro. Io ci ho sempre creduto, lì, in
quel magico punto si fondono i primari e i secondari, e con gli occhi
che sanno vedere, si colgono infinite sfumature e tonalità, frutto di
alchemiche combinazioni, che non smettiamo mai di inventare.
I colori sono una categoria dello spirito, e insieme
simboli. Prova ne è il fatto che vengono usati e abusati per comunicare,
conservano segreti che non ci rivelano e che ci impongono. Dietro i sei
colori di base (viola, blu, verde, giallo, arancio e rosso), un corteo
infinito di nuance, che esistono perché le vediamo. A scuola ci hanno
insegnato che i colori dell’arcobaleno sono sette, sette raggi colorati.
In realtà sono sei, ma siccome al tempo di Newton le convenzioni
sociali, religiose e scientifiche esigevano sistemi di sette o di dodici
elementi, lui aggiunse l’indaco, in pratica un altro blu. Con il
Romanticismo si sono inventati tanti altri termini per qualificare i
colori, perché l’Amore, che tutto regge, ha avuto bisogno di incarnare
in nuovi colori sentimenti, emozioni e simboli, che l’austerità dei sei
colori di base e la religione non avevano fino ad allora permesso.
Poi, piano piano, siamo diventati meno sensibili al
colore. Come tutte le cose difficili da reperire era prezioso, ora la
chimica lo ha banalizzato. Noi bambini eravamo incantati quando a Natale
ricevevamo la scatola di latta con le classiche dodici matite colorate.
I bambini oggi ricevono scatole da quaranta colori e sono molto meno
curiosi e creativi di quanto lo fossimo noi con molto meno. Anche i
pittori li banalizzano: usano i colori come escono dal tubetto, senza
sperimentare. Più facile, meno impegnativo. Poco romantico, aggiungo io.
Il culmine poi si raggiunge quando si usano i colori per fare test
psicologici. Come dire che, se scelgo il nero, mi vedo qualificare un
temperamento lugubre. Che desolazione !
Lo vediamo anche nell’urbanistica, l’uso di troppi
colori, perché la filosofia deve essere sempre quella del tutto e
troppo, che alla fine, paradosso, uccidono il colore. Si pensi a
Piazza Cadorna a Milano. Un’orgia di tinte accese che aggrediscono,
disorientano i poveri cittadini che vi abitano o lavorano.
Insomma, i colori sono carichi di antichi simboli ai
quali ci troviamo inconsciamente sottomessi. Potremmo provare a
dimenticarci della loro valenza simbolica e imparare ad usarli con un
po’ più di innocenza fanciullesca e sensibilità . Come diceva G.Klimt
il colore ci possiede, ma non lasciamoci tiranneggiare.
Ecco il mio studio
Tentativo di tessere la stoffa d’artista
Tratto dal NelFuturo.com
Mi è sempre piaciuta l’Arte. Da bambina passavo ore ad osservare le illustrazioni dei libri. I colori e i disegni mi portavano a creare nella mente, ancora ingenua ed infantile, mille esclamazioni, mille interiezioni, nessi di ombre e di luci, e creazioni che ancora non ero in grado di trasmettere alla mia mano. Stavo ore e ore, perché? Quale strada o quale segreto andavo cercando? Lo scoprii diversi anni dopo, e quando scrivo diversi, intendo tanti.
La vita, me lo ha rivelato il momento giusto : nella sofferenza, nel tormento, nella insoddisfazione, nel bisogno di travalicare la quotidianità ed andare oltre. Parlo di una sofferenza non esibita, una sottile sofferenza, quel “Male di vivere che spesso ho incontrato”, crescendo.
Ero una ragazza che camminava in un mondo di colori e forme chiari e tangibili. Scoprii invece che, ad un tratto, tutto ciò che mi ruotava intorno stava diventando misterioso, qualcosa si nascondeva e io volevo portarlo alla luce. In un anno capii e misi a fuoco che dovevo e desideravo diventare una pittrice.
Mi è sempre piaciuta l’Arte. Da bambina passavo ore ad osservare le illustrazioni dei libri. I colori e i disegni mi portavano a creare nella mente, ancora ingenua ed infantile, mille esclamazioni, mille interiezioni, nessi di ombre e di luci, e creazioni che ancora non ero in grado di trasmettere alla mia mano. Stavo ore e ore, perché? Quale strada o quale segreto andavo cercando? Lo scoprii diversi anni dopo, e quando scrivo diversi, intendo tanti.
La vita, me lo ha rivelato il momento giusto : nella sofferenza, nel tormento, nella insoddisfazione, nel bisogno di travalicare la quotidianità ed andare oltre. Parlo di una sofferenza non esibita, una sottile sofferenza, quel “Male di vivere che spesso ho incontrato”, crescendo.
Ero una ragazza che camminava in un mondo di colori e forme chiari e tangibili. Scoprii invece che, ad un tratto, tutto ciò che mi ruotava intorno stava diventando misterioso, qualcosa si nascondeva e io volevo portarlo alla luce. In un anno capii e misi a fuoco che dovevo e desideravo diventare una pittrice.
E’ come se avessi avuto l’urgenza di un atto creativo
che permettesse al mio cuore, ai miei sentimenti, alle mie emozioni,
alle mie assenze, di poter metterlo in atto, per superare
l’insoddisfazione che mi aveva relegato a guardare un mondo che vedevo
insipido e piatto. Ho iniziato a dipingere sotto l’impulso spontaneo dei
miei sentimenti e dell’attrazione che il Colore esercitava su di me.
Dai miei lavori non mi sono mai aspettata altro che la soddisfazione che
mi dava il fatto stesso di dipingere ed esprimere qullo che non avrei
mai potuto esprimere in altro modo. Questa è il privilegio di noi
artisti, poter celare o svelare il tormento che abbiamo dentro,
spostarlo su di un prodigio, e lasciare che gli altri interpretino le
nostre forme e i nostri colori come preferiscono, e noi spiarne le
reazioni: poter rimanere “attori” immobili e divertiti.
Col passare del tempo, tela dopo tela, sono riuscita a
trovare una modalità espressiva personale, senza che nessun pregiudizio
mi forzasse a farlo. I miei soggetti sono sempre stati le mie
sensazioni e i miei stati d’animo, attratti da una bellezza che forse
solo io vedo. Ho oggettivato tutto questo in tessuti, abiti, interni che
accolgono, quanto di più sincero potessi fare per esprimere la mia
spiccata femminilità.
Dipingo per me stessa, non riesco a fare diversamente. Sono gelosa delle mie creazioni.
I miei quadri sono ben dipinti, mai con negligenza,
sempre con pazienza. La mia pittura porta in sé il messaggio del dolore o
della tristezza, anche della gioia. Dipingere ha arricchito la mia vita
e ha contribuito a sostenere la mia autostima, sempre lì lì per
inciampare. Ho lasciato il mio lavoro, ero un’insegnante. Ho perso
alcune cose della vita, comunque una vita buona. La pittura ha colmato
il vuoto che a volte sentivo dentro e ha preso il posto di tutto ciò che
non sono stata e avrei voluto essere
Il colore è la forma delle cose
Tratto dal NelFuturo.com
Il colore è la forma delle cose, il linguaggio della luce e delle tenebre. Hugo Von Hofmannsthal
I colori sono importanti. Veicolano codici, tabù,
pregiudizi, possiedono significati nascosti che influenzano i nostri
stati d’animo, i nostri comportamenti, il nostro linguaggio e il nostro
immaginario. Non sono fermi nel tempo, la loro storia è movimentata,
mutevole e lascia tracce persino nel nostro vocabolario quotidiano.
La religione, poi, ne ha assunto il controllo, come
ha fatto con la vita privata. Anche la scienza ce li spiega, sorpassando
la filosofia. E che dire della politica ? Tutto è governato da un
codice che non è assoluto: sono loro, i colori, che ne detengono il
segreto.
I colori sono lunatici, non si lasciano facilmente intrappolare in stereotipi.
Ci sono i primari: il prediletto blu, l’orgoglioso
rosso, il giallo che per lungo tempo è stato marchio di infamia. Poi ci
sono i non-colori: il bianco virginale; il nero, austero ed elegante.
Seguono i secondari: il viola, l’arancio ed il verde. Il grigio è
appartato e sobrio. Le mezze tinte: rosa, albicocca, mora, lillà, che
portano il nome di fiori e frutti.
Arriva il resto della servitù, nelle sue infinite
sfumature: sabbia, avorio, polvere, fumo… I nostri gusti, le nostre
avversioni, le nostre paure, le nostre fobie, i nostri desideri, i
pensieri che non osiamo esprimere, ostentano un colore. Viviamo in un
mondo che è colorato, accessibile a tutti.
E’ un mondo molto più colorato di quello della società medioevale, dove il colore era riservato solo alle chiese, o alle feste legate alla liturgia religiosa. L’Europa, per esempio, è meno colorata degli altri continenti. E l’ambiente sociale ne influenza la scelta: in un quartiere popolare si vedranno molti colori, in un quartiere più agiato la palette dei colori sarà più sobria e riservata.
I colori sono carichi di codici antichi e di simboli, anche se oggi meno importanti che nel passato. Condizionano i nostri comportamenti e il nostro modo di pensare. Cambiano e nel corso della storia assumono significati diversi.
E’ un mondo molto più colorato di quello della società medioevale, dove il colore era riservato solo alle chiese, o alle feste legate alla liturgia religiosa. L’Europa, per esempio, è meno colorata degli altri continenti. E l’ambiente sociale ne influenza la scelta: in un quartiere popolare si vedranno molti colori, in un quartiere più agiato la palette dei colori sarà più sobria e riservata.
I colori sono carichi di codici antichi e di simboli, anche se oggi meno importanti che nel passato. Condizionano i nostri comportamenti e il nostro modo di pensare. Cambiano e nel corso della storia assumono significati diversi.
Prendiamo per esempio il blu, la star dei colori.
Tutta la società occidentale dà più importanza al
blu, cosa che non accade in Giappone, dove viene prediletto il rosso. Ma
non è stato sempre così. Nell’antichità erano considerati colori veri
solo il bianco, il rosso e il nero. Tranne nell’Egitto dei faraoni, dove
era prezioso portafortuna per il passaggio nell’aldilà. Era molto
difficile lavorarlo ed ottenerlo, per questo forse non ha avuto un ruolo
importante. A Roma era il colore degli stranieri, barbari, quindi per
una donna, avere gli occhi azzurri era una sventura, significava
acquisire la nomea di donna dai facili costumi.
Insomma, ad eccezione dello zaffiro, la pietra preferita dalle genti della Bibbia, c’era poco spazio per il blu, anche nel Medioevo.
Insomma, ad eccezione dello zaffiro, la pietra preferita dalle genti della Bibbia, c’era poco spazio per il blu, anche nel Medioevo.
La chiesa cattolica lo ignora. Poi tutto cambia:
siamo nel XII – XIII secolo. Cambiano le idee religiose, c’è un
progresso tecnico nella fabbricazione dei colori, e all’improvviso il
Dio cristiano si riappropria della luce, e quella luce diventa azzurra. I
cieli, finalmente, non sono più neri, rossi, bianchi, o dorati, ma
diventano azzurri.
Maria, la madre di Gesù, ne diventa la divulgatrice. Un colore fino ad allora considerato barbaro, diventa divino.
La società comincia a diversificarsi e così ecco la
necessità di abilitare nuovi colori. Il rosso, il nero e il bianco non
bastano più. Il colore, luce o materia? Si studierà, si dibatterà. Luce,
quindi di origine divina; o materia, dunque vile e peccaminoso ? La
prima asserzione prevale e l’intera società se ne approprierà: dalla
Vergine al re di Francia e all’aristocrazia. Si studieranno e si
produrranno blu magnifici. Durerà fino alla Riforma Protestante, che
elencherà i colori degni e quelli indegni. I quadri cattolici saranno
coloratissimi (vedi Rubens), mentre quelli protestanti saranno sobri
(vedi Rembrandt).
Il blu si salverà, e manterrà il primato che ancora
oggi conserva. Per concludere, il significato dei colori cambia con il
tempo, ma molto lentamente. Tutti i colori, similmente al blu, hanno una
loro storia e ci rivelano l’evoluzione della nostra mentalità. Questo
del blu, è stato solo un esempio.
Viviamo immersi nel colore e i colori influiscono sulle nostre azioni e sugli stati emotivi. Sono una forma di energia che agisce su tutto il nostro essere, fisico, mentale, emozionale e spirituale. Ecco perché è importante che ognuno scelga accuratamente i colori con i quali si circonda. Ognuno è più o meno recettivo a livello sensoriale e psicologico, e la loro efficacia, pur variando da persona a persona, è riconosciuta. Si può, ad esempio, indossare il blu per il suo effetto calmante e rilassante, il giallo se si ha bisogno di energia, il verde per la sua azione equilibrante e di benessere generale…
La società sfrutta tutti i colori e ne fa degli opportunisti. Non esiste neppure più una morale del colore, serve come mezzo per raggiungere scopi più o meno dignitosi, sicuramente commerciali. Non conserva più la Bellezza e la ricerca di un significato profondo, di moralità buona e ambita, come abito del nostro essere spirito e corpo insieme.
Viviamo immersi nel colore e i colori influiscono sulle nostre azioni e sugli stati emotivi. Sono una forma di energia che agisce su tutto il nostro essere, fisico, mentale, emozionale e spirituale. Ecco perché è importante che ognuno scelga accuratamente i colori con i quali si circonda. Ognuno è più o meno recettivo a livello sensoriale e psicologico, e la loro efficacia, pur variando da persona a persona, è riconosciuta. Si può, ad esempio, indossare il blu per il suo effetto calmante e rilassante, il giallo se si ha bisogno di energia, il verde per la sua azione equilibrante e di benessere generale…
La società sfrutta tutti i colori e ne fa degli opportunisti. Non esiste neppure più una morale del colore, serve come mezzo per raggiungere scopi più o meno dignitosi, sicuramente commerciali. Non conserva più la Bellezza e la ricerca di un significato profondo, di moralità buona e ambita, come abito del nostro essere spirito e corpo insieme.
L’arte rende visibile l’invisibile
Tratto dal NelFuturo.com
L’arte rende visibile l’invisibile. Paul Klee
A volte il linguaggio verbale appare limitato, mentre
l’espressione artistica riesce a superare le nostre difese e le
barriere sociali e morali. Ci permette di scrutare dentro lo scrigno che contiene l’anima.
Pensieri, sentimenti, esperienze, anche traumi,
attraverso l’espressione artistica vengono alla luce; facendo ricorso
alla nostra fantasia riusciamo a vedere oltre la realtà contingente,
aprendoci verso altri mondi possibili.
Provare a fare come Alice nel Paese delle Meraviglie,
che attraverso la porticina dell’albero entra nella dimensione della
tana del Bianconiglio, aggirando gli ostacoli e coraggiosamente entrare,
saltando all’interno di quel magico mondo con intelligente
incoscienza.
Diventa una sorta di terapia, terapia dell’arte, che può avere varie forme: pittura, scultura, musica, teatro, danza…
In fondo basta un po’ di fantasia ed immaginazione, e
attraverso l’arte verso la quale si è più predisposti, si può imparare a
vivere meglio: l’arte diventa come una stella che brilla di luce tutta
sua, che è bella proprio perché preziosa e unica.
Ognuno di noi ha delle potenzialità creative, si
tratta di avere il coraggio di esprimerle e far diventare il nostro
immaginario emotivo, in immaginario visibile e condivisibile.
Non è difficile, è un atto che ci è connaturale.
Pensate alla Preistoria: l’uomo ha sempre avuto la necessità di manifestare il proprio mondo interiore…
Attraverso il colore, e forme, i suoni, possiamo
esprimere tutto quello che sentiamo e che non per tutti è facile
esternare col linguaggio verbale.
L’arte ci permette un’espressione spontanea ed istintiva di noi stessi, che può non passare attraverso l’intelletto.
Nel fare arte ognuno di noi esprime la sua sensibilità estetica che va oltre l’espressione della bellezza puramente artistica ed estetica.
Nel fare arte ognuno di noi esprime la sua sensibilità estetica che va oltre l’espressione della bellezza puramente artistica ed estetica.
Creatività, fantasia, intuizione, percezioni
sensoriali, contribuiranno a renderci capaci di esprimere quello che
abbiamo in mente e ci condurranno ad esprimere, con tutto il nostro
essere, la nostra esistenza : felice, infelice, gioiosa, tormentata…
Così pittura, musica, danza, teatro diventano modi
espressivi che favoriscono la conoscenza di sé stessi e delle proprie
potenzialità. Impariamo ad esprimerci con fantasia, immaginazione e
libertà.
In questo modo ci disponiamo ad un approccio alla vita migliore.
In questo modo ci disponiamo ad un approccio alla vita migliore.
A questo proposito, vi ricordo come viene concepita la figura dell’artista nel Rinascimento.
Viene concepito come persona dotata di grande sensibilità e l’opera d’arte come strumento quasi terapeutico, che gli permette di esprimere una realtà fantastica che, se non espressa, l’avrebbe potuto portare alla follia.
Viene concepito come persona dotata di grande sensibilità e l’opera d’arte come strumento quasi terapeutico, che gli permette di esprimere una realtà fantastica che, se non espressa, l’avrebbe potuto portare alla follia.
Visti i risultati del patrimonio artistico rinascimentale credo di poter essere convincente con la mia “speculazione” …
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